venerdì 29 agosto 2008

Il sogno americano e' in buona salute

Scusate la latitanza dal blog ma sto passando un periodo abbastanza intenso che non aiuta a concentrarmi sui temi politico-economici tipici di questo spazio.

Tanto per cambiare sto cercando nuovamente lavoro; avevo preannunciato il collasso del sistema creditizio a stelle e strisce e guarda casa me ne sono trovato nel bel mezzo visto che lavoro per una delle maggiori banche americane.

Una nota invece positiva e' che due giorni fa ho ricevuto la cittadinanza americana in una bella cerimonia con centinaia di altri immigrati di ogni etnia e colore.

Devo ammettere che questa cerimonia mi ha toccato più di quanto mi aspettassi, probabilmente per la presenza di gente con con storie molto più “pese” della mia, che proviene da paesi del secondo e terzo mondo e che, in molti casi, ha impiegato decenni per ottenere la cittadinanza.

La cittadinanza americana per questa gente, come per gli immigrati Italiani nel secolo scorso, significa ancora ottenere un biglietto per una vita migliore per se e per i propri figli.

Ecco che allora ieri sera, quando ho guardato in televisione il discorso di Obama, ho cercato di interpretare le sue parole attraverso gli occhi coperti di lacrime della famiglia di El Salvador che sedeva di fianco a me alla cerimonia.

Il discorso di Barack era intitolato la “promessa americana” e le sue parole iniziali sono state proprio rivolte al fatto che in nessun altro paese al mondo la straordinaria storia personale del candidato democratico sarebbe stata possibile.

Ma la parte del discorso che forse mi e' piaciuta di più' e' quando ha distinto i compiti del governo e delle istituzioni dalla volonta' e l'impegno dell'individuo. Non sto qui a dilungarmi su questo punto ma se avete tempo andate a dare un'occhiata al passaggio dove dice “Individual responsibility and mutual responsibility – that’s the essence of America’s promise”

Questo, a mio avviso, e' in netto contrasto con la visione assistenzialistica, nepotistica o “furbistica” che considero essere una delle maggiori piaghe del bel paese.

Spero allora che il figlio di uno studente Keniota e di una madre del Kansas, abbandonato dal padre all'eta' di 2 anni possa conquistare la presidenza degli Stati Uniti. Spero che l'America riesca a stupirci ancora una volta e affermare che il la promessa/il sogno americano, incrinato dai neo-conservatives e da guantanoma gode ancora di in buona salute.